Occhio non vede…
Partiamo da una considerazione molto diffusa: quella che stabilisce che il cortometraggio non sia davvero un “film”, ma semplicemente una palestra, un’occasione di allenamento, poco più che un esercizio per futuri registi in vista del loro approdo al cinema “vero” (sempre, intendiamoci, se ci immedesimiamo nella considerazione più diffusa).

Stereotipo che, come tutti i luoghi comuni, può avere qualche fondamento di verità, ma che afferma una visione molto parziale. I risultati a volte sono sì quelli professionali e un po’ inermi del compito in classe, ma altrettanto spesso sono quelli più interessanti e stimolanti della sperimentazione, vuoi stilistica, vuoi narrativa, vuoi di manipolazione dei generi. Questioni di sguardi della coppia Luca Alessandro-Luigi Nappa si pone un po’ a metà strada tra queste due tendenze. I due registi giocano le carte migliori creando un improvviso cambio di tono e sfruttando il climax, sia narrativo sia visivo, che di questo cambio di tono è alla base, al termine del quale si estrae dal cilindro il classico colpo di scena finale. Il film, raccontando di un semplice incontro – quello tra un signore affetto da una patologia che gli impedisce di guardare gli altri negli occhi inseguito dal ricordo di un tragico evento del passato, e una vivace ed espansiva adolescente – inizia come dramma introspettivo, e acquista gradualmente le connotazioni del thriller psicologico, sfiorando, nel crescendo conclusivo, l’estetica horror. La prima parte assomiglia al “compito in classe” di cui abbiamo fatto cenno: un abbastanza tipico racconto d’introspezione, basato sugli sguardi e sul dialogo, e giocato sull’alternanza tra primi piani e campi medi, incorniciati nell’opprimente e freddo ambiente dell’appartamento (le classiche “quattro mura” con cui veniva etichettata buona parte del nostro cinema) in cui si svolge completamente la vicenda. La narrazione, che sembrava incanalarsi nei binari di un consueto racconto di interiorità che collidendo creano un percorso di formazione, viene però destabilizzata dal crescendo di tensione e d’inquietudine introdotto dall’approdo al thriller psicologico. Questione di sguardi acquista così sia in incisività che in interesse, in questo modo anche rafforzando la stessa analisi introspettiva dei caratteri. Anche se il dubbio di assistere ad un esercizio di stile, pure considerando il cambio di tono e il colpo di scena finale, non passa del tutto, l’opera di Luca Alessandro e Luigi Nappa lascia intravedere una non comune capacità nell’affrontare, con toni inconsueti e non ovvi, certe tematiche e certi modelli narrativi diventati perlopiù “di maniera”.

 

[dal sito web: https://www.mediacritica.it/2015/08/12/questione-di-sguardi/]